15 ottobre 2017
E insomma, è andata così.
Mi sono svegliata alle 6.40, che era ancora buio. Doccia, vestiti, borsa e fuori, più spedita che con un calcio in culo.
È andata che mi son detta prendi un Ataf per una volta, che ti fai sempre i chilometri a piedi, che questo rifiuto della comodità inizia a renderti noiosa. Così è andata che ho preso l’Ataf.
E il biglietto? Alle 7.15 la città ancora dorme. Per lo meno la domenica, per lo meno la parte di città in cui vivo. Per fortuna, però, esistono gli sms, così è andata che ne ho inviato uno al 4880105 per il biglietto elettronico.
Ma ecco, è andata che non è andata, perché certi servizi funzionano solo per gli utenti dei gestori seri, mica come me che ho Postemobile. Ma è andata che io mica lo sapevo, l’ho scoperto che ero già sull’autobus, senza biglietto e con un’ansia che metà bastava.
E andava. Si, l’autobus andava, ma non abbastanza da impedire a quel tipo di salire e dire Biglietti prego.
Allora ecco com’è andata.
È andata che gli ho spiegato tutto: i bar chiusi, l’sms… ma lui non si è mosso di un millimetro. Un documento per favore. Va bene la patente? No, preferisce la carta d’identità scaduta. Contento lui.
Poco distante 2 rom iniziano a litigare con il suo collega. Le dispiace scendere che il collega è in difficoltà? Così scendiamo tutti, io, loro e i rom. Che allegra combriccola.
Ci mettiamo solo pochi minuti, dice.
A dire il vero avrei un treno da prendere. Ah, ferma un Ataf alle mie spalle e ci fiondiamo dentro. Addio collega, addio rom. È andata.
Buona giornata, mi dice alla stazione e mi consegna il verbale. 55€. Limortac… Buongiorno a lei.
È andata che la prossima volta me ne vado a piedi.
Salgo in treno, un attimo di quiete. Ma giusto un attimo, eh, che due infermiere attaccano a parlare: turni, riunioni, ma come è antipatico tizio? E caio?
Io leggo, ascolto la musica, mi rigiro, le maledico. Milano non è mai stata così lontana. Ma è andata che alla fine la raggiungo, assieme a 4 buoni amici, ché gli amici o son buoni o che ce li hai a fare?
Sono a Milano. Com’è che andata?
È andata che qualche mese fa un amico mi ha parlato di un festival, il Festival delle Lettere. Tema dell’anno: Lettera a un cervello in fuga.
Perché no?
Così ho scritto. Ho scritto al cervello più in fuga che conosco.
Mio fratello ha la testa sempre in fermento e due spalle grosse, ma così grosse che quando fugge lui smuove altro che aria.
Era l’ora che gli scrivessi, a mio fratello.Così è andata che qualche settimana fa mi è arrivata una mail: sei tra i finalisti. Pare avessero concorso in centinaia. Bella storia!
Oggi eravamo lì, io e tanta bella gente. Un’attrice ha letto le mie parole, una ragazza le ha illustrate con forme e colori. È andata che da centinaia siamo rimasti in dieci, poi tre, e il cuore batteva, cazzo se batteva, e le mani tremavano un po’, e poi… e poi niente, è andata così…