Lettera a un tostapane

Caro mio, la vita è capace di farti fare cose che mai avresti immaginato. Penso a Lucio, la prossima settimana farà il suo primo lancio con il paracadute, o a Francesca che ha mandato a quel paese il capo ed è andata a Tokyo a lavorare per la concorrenza. Penso a loro, certo, e penso a me che a trent’anni mi ritrovo a scrivere al mio tostapane. Bizzarro, non credi? Ci sono un sacco di persone a cui avrei potuto scrivere e invece, per una volta che mi decido a prendere carta e penna, mi rivolgo a te. Meglio non farlo sapere in giro.

La sveglia è suonata alle 7.40 come ogni mattina. È domenica e detto tra noi avrei voluto dormire un po’ di più, ma mi sono buttata giù dal letto lo stesso. Ho raggiunto la finestra ad occhi chiusi e quando il mignolo del mio piede si è scontrato su di te, me ne son venuta fuori con il puntuale “Porca puttana!” di buongiorno.

Sono mesi che va avanti così tra noi. Dovrei trovarti una sistemazione migliore. Il pavimento non è il posto per un tostapane, lo so, ma tu non sei come gli altri. La prima volta che ci siamo incontrati era Natale. – Auguri amore mio – ha detto lui. Ho guardato con stupore la scatola che teneva in mano, grande e decorata a festa. Eri quello di cui avevo bisogno, in questo è sempre stato un asso. L’odore del pane caldo avrebbe finalmente accompagnato i miei risvegli.

L’indomani t’ho portato a casa mia. Avrei potuto darti un benvenuto migliore, invece ti ho messo ai piedi del letto in attesa che arrivasse una casa nuova, con un letto, un divano e una cucina per una vita a due. Ci sarebbe voluto qualche mese, ma ne sarebbe valsa la pena.

Di mesi ne sono passati dieci. Io sono ancora qui, lui a casa sua e tu ai piedi del mio letto. Sull’onda delle incomprensioni naufragano i migliori propositi, lo stesso è accaduto a noi. – Così non possiamo andare avanti – ci siamo detti. Siamo stati a fissarci in silenzio un bel po’, decisi a non perderci, e giorno dopo giorno ci siamo reinventati. “Amici” a quanto pare. Mi chiedo se sia stato davvero così o se, tutto sommato, non fossimo gli stessi di prima sotto mentite spoglie.

La giusta distanza per tornare a camminare ognuno sulle proprie gambe, non abbastanza per dirsi addio del tutto. Siamo andati avanti, certo, ma tra baci, carezze e la volontà di preservarci dal passare del tempo. Ho pensato spesso al giorno in cui non avrei più avuto sue notizie, né lui di me. L’ho temuto. Un po’ come si temono i fantasmi, mai abbastanza. Invece quel giorno è arrivato via sms: “Mi vedo con una”. Ho pensato, perché me lo dice così? Deve esserselo chiesto anche lui perché da allora non l’ho più sentito. È che la vita non ti aspetta. Chiunque tu sia, la gente va avanti e lo fa sul serio, mica come me che continuo a inciampare nel passato ogni mattina. Allora sai cosa, caro il mio tostapane, è giunta l’ora di uscire da questa maledetta scatola.

Doveva capitare, prima o poi, e questo è il giorno in cui il poi diventa realtà.
Il lo sono.

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