Questa settimana son stata assalita da un dubbio. Niente di tragico, per carità, ché in fondo, si sa, aver dubbi è sintomo d’intelligenza. Solo che a me, il fatto che ci sia qualcuno in studio che a malapena mi da il buongiorno, oh, m’ha fatto venire un dubbio mica da poco; un dubbio che suona pressappoco così: ma io, sarò forse diventata parte dell’arredamento?
In effetti, se penso alle ore che ogni giorno trascorro qua dentro, il dubbio d’esser diventata come una sedia o che so, un attacapanni, non è affatto campato in aria. Ché a volte immagino che tra i tanti pazienti che si aspettano di trovare le sedie in sala d’attesa o gli strumenti del dentista negli studi, ci sia anche qualcuno che si aspetta di trovare me dietro al banco della segreteria. Esattamente come quelle sedie e quegli strumenti.
La cosa, ammetto, non mi dispiace; mi da anzi un certo piacere, soprattutto se i pazienti son come Riccardo, con cui scambio parole che mi riportano in luoghi lontani, o come Giancarlo, il quale, anche se è stato un’ora buona sotto le grinfie del dentista, riesce comunque ad accorgersi di chi gli sta intorno. Della Mau, ad esempio, o della Teresa. Giancarlo ci vede tutte, vede anche me, e mi regala sorrisi e divagazioni creative.
Questo, penso, dovrebbe bastarmi, ma forse, per aprire certi occhi, potrei iniziare ad indossare vestiti color fluo o perché no, dare un taglio netto ai miei capelli. Anche se, temo che neanche questo funzionerà, ché al mondo, si sa, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e, ahimè, ho la sensazione che con la vista funzioni un po’ allo stesso modo.
La Mau, l’altra mattina, m’ha offerto un’alternativa al taglio netto, che poi, be’, gira e rigira è la stessa di sempre: buttar giù un po’ di zuccheri, ché gli zuccheri, si sa, tirano su e magari, oh, ci fanno anche lievitare un po’, così che certi sguardi possano tornano ad accorgersi di noi. ‘Noi‘, già, perché ho come l’impressione di non esser la sola, qua dentro, ad avere il dubbio d’esser diventata una sedia.
Be’, per fortuna, gli zuccheri non ci mancano. E così, andiamo avanti, ché domani è un altro giorno e chissà, magari, a forza di zuccheri, va davvero a finire che da sedie ci facciam divanetti e chi adesso non ci vede, oh, torna pure a vederci.