Anche a questo giro la settimana è stata un po’ più corta, divisa a metà dalla festa dei lavoratori. Sbam!
Un taglio che tutti noi abbiamo apprezzato alla grande, ché lo studio quel giorno è rimasto chiuso. E menomale, dico io, che se c’è un’occasione in cui tutte le attività che si basano sul lavoro dovrebbero fermarsi, è proprio questa. Altro che Pasqua e Natale!
Mica per niente, eh, è che a goder delle feste dovrebbero essere prima di tutto coloro a cui son dedicate. Ché ok, al giorno d’oggi sembra che niente abbia un valore se non vien condiviso, ma certe cose, dico io, son di chi se le merita.
Il Primo Maggio, ad esempio, è di chi passa ore e ore a lavoro per guadagnarsi da vivere; di chi un’occupazione la sta cercando seriamente e di chi si è trasferito chissà dove per seguirla; ci son poi quelli che l’han persa ma non per questo si sono arresi o chi, per questa, ha perso addirittura la vita. Insomma il Primo Maggio è di queste persone qui, mica di tutti!
Gli altri, quelli abituati a campare sulle spalle altrui, quel giorno lì dovrebbero mettersi all’opera. Non tanto per rendere il favore, quanto per capire un po’ di cose… magari. Ad esempio, che al di là della fatica, il lavoro può dare ad una persona la dignità, roba che chi se ne sta con le mani in mano non sa manco cosa sia, ma la speranza, si sa, è sempre l’ultima a morire.
Un’altra cosa, poi, è la capacità di aprire gli occhi. Il lavoro può anche questo, si, rivelando chi, tra chi ci sta intorno, è degno della nostra stima, della nostra fiducia.
Già, perché mica tutti lo sono eh! Ché anche tra chi lavora ci sono i disonesti, gli scansafatiche, quelli abituati a fare il loro e rizzati, sai. Ma per fortuna c’è anche chi, proprio perché riconosce il valore di ciò che sta facendo, esce dal suo orto, rivolgendo il suo sguardo anche su chi gli sta intorno.
Dove lavoro io, di persone così ce ne son diverse, e menomale, ché correr da sola, credetemi, sarebbe stata davvero una gran fatica. Aver colleghe e colleghi su cui contare è invece una delle fortune più grandi che abbia avuto. Nel delirio che di tanto in tano imperversa da queste parti, è così bello sapere di non esser soli. E allora va a finire che anche se c’è da correre, be’, non è poi così male. Ché se oggi corro di più io, so per certo che domani quel passo in più lo farà qualcun altro.
Non sempre è facile, sia ben chiaro; di sacrifici da fare ce ne sono eccome. Ma in fondo ci si abitua a tutto, anche al sacrificio. Il proprio, certo, ma anche quello degli altri, che anche quando non è rivolto a te, oh, riesce sempre a strapparti un sorriso. Come l’altro giorno, quando davanti a degli ovetti di cioccolato incartati di diversi colori, perché a Teresa non toccasse quello fondente, la Mau non c’ha pensato un attimo e ha detto: “Che problema c’è Tere, ne assaggio uno io e così capiamo quale puoi mangiare e quale no”.
Ed io stavo lì a guardarle, piegate su quei cioccolatini, a pensare che queste, oh, son proprio le colleghe che ci vogliono. Spiritose, leggere e pronte a tutto. Anche a metter su qualche chilo al posto tuo.