Per il Venerdì di marzo mi era balenata in testa l’idea di scrivere qualcosa sulle donne con cui lavoro.
Penserete che banale, scrivere di donne proprio nel mese della festa internazionale a loro dedicata. In un primo momento l’ho pensato anch’io, così mi son presa un po’ di tempo prima di farlo; giusto quel mesetto perché potesse venirmi in mente altro di cui scrivere.
Poi, neanche a farlo apposta, qualche giorno fa è accaduta una cosa che inaspettatamente ha riportato la mia attenzione proprio sulle donne. E allora, mi son detta, donne siano!
Ero a lavoro e come spesso accade stavo procedendo a dei richiami telefonici per sollecitare il rientro di alcuni mancati pagamenti.
Uno dei pazienti sulla mia lista quel giorno doveva saldare 70€, lasciate in sospeso dopo aver fatto un’estrazione a gennaio e non essere più tornato.
L’uomo, da prima ha risposto senza problemi, ma quando ha capito il motivo della mia chiamata ha letteralmente dato di matto. Prima ha gridato “Ma non vi vergognate a chiamarmi per 70€?!” poi, biascicando sproloqui in un misto di italiano e rumeno ha aggiunto “Io vengo quando voglio, quando avrò i soldi. E non mi chiamate più!”.
Ora, premesso purtoppo che questo non è né il primo né l’ultimo cafone prepotente con cui ho avuto/avrò a che fare in questa vita, va detto che una parte di me lo ringrazia perché, nonostante la mia iniziale incredulità davanti al suo repentino voltafaccia, mi ha dato lo spunto per affrontare un argomento che con le donne c’entra eccome, anche se per rimpallo, ed è la misoginia.
Penserete, che esagerata… Invece no. Perché quello stesso soggetto che mi ha urlato al telefono è lo stesso che quando si era presentato in studio dolorante aveva preteso che a curarlo fosse un uomo perché lui, le donne, non le considera all’altezza di quel compito. A suo dire, infatti, le donne devono fare altro e soprattutto devono stare al loro posto (…che a quanto pare dev’essere quello che indica lui) senza permettersi di alzare la testa e men che mai di metterlo davanti a un torto, chiedendogli ad esempio soldi per un servizio di cui ha usufruito ma che lui si prende la libertà di non voler pagare.
Per questo parlo di misoginia e lo faccio a ragion veduta, perché non è la prima volta che con le mie colleghe ci accorgiamo di come alcuni uomini, proprio perché si trovano davanti ad una donna, si lasciano andare a reazioni esageratamente prepotenti e autoritarie, addirittura violente.
Un uomo, ad esempio, un giorno è venuto in studio tutto arrabbiato gridando “Voglio parlare con la dottoressa subito o questa protesi che la m’ha fatto gliela sbatto in faccia!”.
Sia ben chiaro, con tutta la gente che ho visto e sentito in questi anni ho smesso d’impressionarmi da tempo di ciò che può uscire da certe bocche, ma espressioni del genere non possono lasciarmi indifferente per la loro violenza inopportuna.
Gliela sbatto in faccia… Ma gliela sbatto in faccia cosa???
Cafone!
Ma le donne, ho imparato a capirlo, al cospetto di certi sguardi son sempre un gradino sotto. E infatti sono certa che se di fronte a loro, invece di una dottoressa ci fosse un dottore, col cavolo che quegli stessi soggetti si esprimerebbero in un simile modo.
E’ triste, lo so, ma pur essendo nel 2023 la realtà è ancora questa. Bisogna prenderne atto per lavorarci su con impegno e costanza, perché il velo d’ignoranza che certe persone hanno davanti agli occhi e che pericolosamente tramandano a chi gli sta accanto, rischia di minare l’entusiasmo e la vitalità di tante donne che nel lavoro colgono l’opportunità di esprimere al meglio se stesse.
Una delle più grandi fortune che ritengo di avere in questo momento sono proprio le donne con cui condivido le mie giornate lavorative. Scompigliate e sempre di corsa – divise tra casa, famiglia, lavoro… e chi più ne ha più ne metta – per far sì che tutto fili il più liscio possibile, ma comunque intraprendenti e instancabili.
Siamo tante, con età ed esperienze diversissime, e questo lo ritengo un prezioso valore aggiunto. Oltre a non annoiarsi mai, infatti, questa diversità offre a tutte noi l’opportunità di un confronto continuo e autentico. E ognuna, spronata dall’esperienza dell’altra, è sempre pronta a mettersi in gioco, a rinnovarsi, a rompere gli schemi, senza né remore né timori.
Sono convinta che di questa energia, positiva ed eccezionalmente creativa, ce ne sia davvero un gran bisogno (alla faccia di chi ci vorrebbe privare di tutta la nostra vitalità). Soprattutto al giorno d’oggi, dove a prevalere sembra invece essere il sopruso sull’altro.
Va da sé, quindi, che a noi tutte, come si dice dalle mie parti: d’un poraccio misogino ce ne frega una sega! Per andare avanti, però, e per di più farlo al meglio è importante non abbassare la guardia. E così, quando l’altro giorno un signore si è avvicinato a me e alla mia collega e ci ha detto in tono sprezzante “Queste mascherine vi donano” ho pensato subito che stesse alludendo al fatto che ci mettessero a tacere. Ero pronta a rispondere a tono, ma prima che riuscissi a dire qualcosa lui ha aggiunto “Vi risaltano gli occhi, così belli e sorridenti”.
Sorpresa, gli ho sorriso restando in silenzio. Per questa volta l’abbiamo scampata… Allora non tutto è perduto, c’è della speranza!