Se solo la gente si rendesse conto cosa significa di questi tempi avere a che fare con la gente, saremmo già un bel pezzo avanti.
Con questo non intendo certo dire che sarebbe tutto facile. No. Non oserei mai azzardare tanto. Ma son certa che un po’ di consapevolezza in più aiuterebbe, soprattutto di questi tempi, in cui lo sport nazionale sembra esser diventato il lancio dei propri problemi e delle proprie pesantezze sugli altri. Effetto forse del prolungato stop del calcio, chissà…
Be’, per fortuna tra un po’ ripartirà anche quello, così torneremo a sfogare gli animi come facevamo un tempo, da allenatori da divano, senza il bisogno di mostrarsi per forza tuttologi in tutto, mettendo bocca nel lavoro degli altri come fosse il nostro, quando noi quel lavoro lì non l’abbiamo manco mai fatto.
Questo è quello che mi capita più spesso ultimamente, ovvero che la gente mi dica come devo fare ciò che ormai faccio da dodici anni. Ebbene si, non uno o due, ma ben dodici. E ok che nella vita non si finisce mai d’imparare, ma per lo meno concedetemi la libertà di voler imparare da chi dico io, e non da chi vuol dettare regole e tempi solo perché oggi va di fretta o chissà cosa.
Io e le mie colleghe non facciamo altro che risolvere problemi da mattina a sera, e mi sembra di poter dire che siamo piuttosto brave a farlo, visto che ce ne pongono di nuovi ogni giorno. Il che, va detto, regala a tutte noi grandi soddisfazioni, assieme però ad un bel carico di fatiche, ché credetemi, esser sempre sul pezzo richiede energie. E se poi ci si mettono pure gli altri ad aumentare il livello di difficoltà, va a finire che lavorare a volte diventa una vera e propria impresa, roba che a fine giornata ti trascini verso il divano confidando in una dilatazione temporale che ti conceda ore sufficienti a recuperare le energie che anche oggi hai speso sul campo.
Di queste fatiche ne porto i segni addosso. E così, anche se ormai il massimo dello sport che faccio è guardare i canestri di Jordan, Pippen e Rodman su Netflix, senza accorgermene mi son ritrovata ad andare contro corrente, perdendo chili mentre tutti ne accumulavano.
Non c’è paziente che non mi chieda come abbia fatto, in questi tempi di quarantena e farina 00. E quando me lo chiedono temporeggio un po’, quasi indispettita, poi dico, be’, passate un paio d’ore da queste parti – tra telefoni che squillano, pazienti che vanno di fretta, protocolli che cambiano di ora in ora… – e vedrete che tornare in forma è un attimo.
Nonostante i chili persi e la fatica, però, mi reggo ancora in piedi, ché per fortuna il mondo è bello perché vario, così come le persone. E devo dire che in tema di persone questa fase 2 mi ha regalato grandi sorprese, mostrandomi il lato più umano di persone da cui, lo ammetto, non mi sarei mai aspettata tanta comprensione e vicinanza.
Tra queste, di sicuro, non c’è la signora Carla. E non perché non sia comprensiva ed umana, bensì perché il fatto che lo fosse mi era ben chiaro anche prima di questa storia che ha complicato l’esistenza un po’ a tutti. Persino a lei, che nonostante la sua età trova il tempo di preoccuparsi per me, tanto che l’altro giorno mi ha cucito una mascherina con le sue mani e me l’ha portata fino in studio: Ché va bene prendersi cura degli altri – m’ha detto – ma bisogna che tu ti prenda cura anche di te, Cocca!
Quando penso a che senso abbia trascorrere le giornate in balia degli altri, talvolta vacillo un po’, ma poi mi tornano in mente persone così, che il mondo te lo fanno vedere a colori, e penso, fanculo a chi fa di tutto per rendere la vita del prossimo un inferno, ché nonostante tutto ci sarà sempre qualcuno per cui vale la pena tenere duro e la Carla è di sicuro una di queste, e poi, oh, detto tra noi, ma dove la ritrovo io una che alla mia età mi chiama ancora Cocca?