Se fino a un paio di mesi fa metà del tempo che impiegavo nel lavoro lo passavo al telefono, adesso credo proprio d’aver raggiunto un buon 80%. Una percentuale che porta di diritto il telefono ai primi posti nella classifica delle cose per me indispensabili. Qualcosa al pari di una mano, ad esempio, o ancor meglio di un piede, senza il quale, oh, anche a volere non potrei fare manco un passo.
Così, dato che da queste parti non ci siamo mai fatti mancare nulla, mi sembra giusto non essere da meno in quanto a telefoni. In un momento come questo, poi… Allora via: fisso, cordless, cellulare… chi più ne ha più ne metta. Ed io lì, dietro all’uno e all’altro, a dare info, a rispondere alle emergenze e a far chiamate su chiamate per spostare le decine di appuntamenti che avevamo in agenda, ma che vista la situazione, ahimè, tocca rimandare a chissà quando.
Veder svanire sotto i propri occhi il lavoro messo insieme con tanta fatica e dedizione, è una cosa che strazia il cuore e spacca un po’ lo stomaco, ma l’emergenza non ci permette di fare altrimenti. E così, si fa, punto e basta, sperando che arrivi presto il momento in cui finalmente leggeremo un bel #celabbiamofatta e via, si riparte.
Nel frattempo mi accontenterò del telefono, che in questi tempi di distanziamento sociale, oh, è un’opportunità non da poco, visto che ti permette al contempo di rispettare le distanze e di entrare in contatto con un sacco di persone; ognuna delle quali, a suo modo, ti trasmette qualcosa. C’è ad esempio chi si preoccupa per noi, come il signor Leonardo, che ci tiene a sapere che stiamo tutti bene. Poi c’è chi ci incita a tener duro e nella cornetta lascia andare un convinto Forza, eh!
E infine c’è lui, un perfetto sconosciuto chi tira su il telefono e risponde: Oh allora!! – gridando nella cornetta – O’icchè si fa…? E sorride.
Così, eh, tutto d’un botto, senza né buongiorno né buonasera.
La cosa più bella però non è stata la sua voce spipata o il suo sorriso buttato lì un po’ a caso, ma il fatto che il suo modo di fare mi sia parso assolutamente normale. Ma del resto, di quello che fino a qualche settimana fa definivamo ‘normale’, ad oggi rimane poco o niente e così, se un paio di mesi fa una domandina su uno che risponde al telefono in questo modo me la sarei fatta eccome, be’, oggi rispondo chiedendomi lo stesso: O’icché si fa?
Ahhh… Le cose son cambiate, si.
Anch’io adesso a lavoro indosso guanti, mascherina e visiera. Questo m’ha posto ad una certa distanza da tutto e da tutti, in un luogo altro, distante, tanto che alla fine, oh, son finita per cambiare anche io!
Così, ho finalmente imparato a contare fino a dieci prima di buttar lì la mia opinione. E senza saltare neanche un numero, eh.
Un gioco da ragazzi… direte voi, ma non per una dalla risposta pronta come me. Voi non potete capire, questi son passi da gigante. Roba che può apprezzare davvero solo chi mi conosce davvero, come la Clau – collega e amica preziosa – che ieri mi ha addirittura scritto per farmi complimenti.
Perché quando si è amiche, be’, i piccoli successi dell’altra sono un po’ anche i tuoi.
E così, oggi mi godo questo passo in avanti, che per quanto semplice sia, spero riuscirò a portarlo con me nella Fase 2 e anche in quella successiva, ché ci son voluti quasi 34 anni ed una pandemia, ma alla fine, oh, ce l’abbiamo fatta.
È proprio vero, cari miei, in questa vita c’è speranza per tutti.