Oggi sono uscita, che bello!
E anche se la porta di casa si è aperta solo per andare a lavoro, be’, bello lo stesso!
Non avrei mai pensato che un giorno andare a lavoro avrebbe rappresentato l’unica occasione per prendere una boccata d’aria, rivedere prati verdi e svagarsi un po’. Invece… com’è che si dice? Nella vita mai dire mai.
Sebbene in molti si credano supereroi – intoccabili e in nessun modo vulnerabili davanti alle sfide che questa emergenza ci propina – sono certa che si stupiranno nello scoprire quanto la fatica e la pesantezza di questi giorni non facciano sconti a nessuno. Manco a loro, supereroi o presunti tali. Prima o poi, infatti, un piccolo cedimento arriva per tutti, ché per quanto siano luminose e ben agghindate le vostre case, oh, quatto mura son pur sempre quattro mura.
Io, ad esempio, in questi giorni ho iniziato a far strani sogni. Sogni a cui sebbene debba riconoscere una certa creatività, son così impegnativi da togliermi il sonno e da darmi la certezza che si, la vita normale inizia davvero a mancarmi.
Mi mancano le cene dai miei, le voci per strada, le lunghe camminate. Mi mancano addirittura le cose fastidiose, come la sabbia nel costume, la gente che salta la fila ed ora che son qui in autostrada, di ritorno verso casa, sarei capace di tirar dritto per spararmi un panino mal scaldato e un po’ stantio in un autogrill in culo al mondo al modico costo di 7,50€. Cose che un tempo avrei di sicuro mal sopportato, ma che adesso mi fan pensare ad una sola cosa: libertà.
Ah, quanto mi manca tutto questo…
Ma tranquilli, non farò alcun tuffo in mare né mangerò panini – per lo meno non in autogrill. Esco alla mia uscita e filo dritta a casa.
Già, perché se c’è una cosa che in questo delicato momento il mio lavoro riesce a garantirmi – per quanto vada a rilento – è un prezioso e sempre attento sguardo sul mondo della salute.
Chiariamoci, noi non siamo né in un pronto soccorso né in una terapia intensiva – il merito dell’essere in prima linea lo lasciamo ad altri: medici, infermieri, volontari… – ma le informazioni ci arrivano eccome; ci arrivano da amici e colleghi, persone autorevoli, che in prima linea ci son davvero e che non fanno altro che ripetere che non possiamo in alcun modo permetterci di abbassare la guardia, neanche adesso che l’aria profuma di primavera e in cielo splende un bellissimo sole.
Quindi filo dritta a casa e dopo cinque ore di lavoro – che chissà come son sembrate esser molte ma molte di più – magari mi sparo un panino, comodamente seduta sul divano e con vista Settignano, come sempre da un mese a questa parte.
Lo faccio per me, certo, ma anche per coloro a cui voglio bene e anche per quelli che questa mattina, a lavoro, m’è capitato di sentire e che senza accorgersene, oh, son stati capaci d’infondermi una tale fiducia nell’altro che mi son detta, qua bisogna tenere duro, bisogna continuare ad impegnarci, nonostante la voglia di fuggire ed il sonno che inizia a mancare.
Non avrebbero potuto farmi un regalo più bello: fiducia, finalmente, e un po’ di misura – roba davvero rara per questi tempi in cui chissà perché in giro sembrano tutti medici, politici, economisti… Invece, oh, con un po’ di gentilezza, Gino e la signora Alma stamani son riusciti a darmi una bella scaldata al cuore. Il primo chiamando in studio per sapere come stavamo, tutti, e per chiedere “Com’è che posso fare per versare il mio acconto? Avevamo concordato che avrei pagato la mia quota a fine marzo, ma col fatto che non posso uscire di casa…”. La seconda, ripetendo a gran voce nella cornetta “Forza, eh! Coraggio!”.
Una roba che me li ha fatti sentire così vicini, così partecipi, che d’un tratto mi son ritrovata come stretta in un abbraccio, di quelli che ti bloccano le spalle e tu non puoi fare altro che sorridere.
Per gli abbracci, intendo quelli veri, ahimè, dovremo aspettare ancora un po’. Bisogna essere attentissimi, mi ha detto oggi Daniela – e se lo dice lei che è un medico non posso fare altro che darle retta – ma positivi. E l’ha ripetuto un paio di volte: attentissimi, ma positivi, ché l’esser positivi, si sa, aumenta le nostre difese.
Allora avanti, attentissimi ma positivi. Fosse mai che da tutto ‘sto casino non se ne esca anche migliori. L’ultima volta che m’è capitato di pensarlo ho visto orde d’italiani saltar giù dal letto in piena notte per spostarsi da nord a sud, alla faccia del buon senso e dei divieti, allora mi son ripromessa di mettere a tacere tali speranze. Ora che son qui, però, seduta a gambe incrociate sul mio divano, le parole della Dani mi risuonano in mente come un mantra: attentissimi ma positivi, attentissimi ma positivi, attent… Oh, non se ne vogliono andare via più, tanto che mi viene da pensare, chissà che alla fine non se ne esca davvero migliori.
Del resto, com’è che si dice?
Nella vita mai dire mai.