Nei giorni passati ho provato più volte a concentrarmi, a chiudere gli occhi e a sputar fuori qualche pensiero che avrei messo nero su bianco e poi, taaac, ecco fatto il Venerdì.
Invece niente.
Niente nero su bianco, niente taaac e soprattutto niente Venerdì.
Son tre settimane che va avanti così. Tre settimane.
Badate bene, non che in questi giorni nella mia testa ci sia stato silenzio. Tutt’altro. C’erano – e ci son tutt’ora -, infatti, un sacco di voci, ognuna a suo modo più o meno ragionevole, che però si accavallavano l’una sull’altra impedendomi di tenere il filo del discorso. E così, dopo qualche minuto, perdevo inevitabilmente il senso del mio scrivere, presa com’ero a fare la lotta con un altro paio di pensieri.
Allora ho alzato bandiera bianca.
Basta scrivere, basta provarci. Se proprio vuoi scrivere, mi son detta, scrivi di altro. Oppure datti alla cucina, come la gran parte degli altri là fuori… o forse dovrei dire là dentro?
Vabbè, ci siam capiti…
Per qualche giorno l’ho fatto davvero. Ho raccolto tutto il mio entusiasmo e mi son data in pasto ai fornelli, alla tv, a qualche pagina di libro… E m’è parso anche di cavarmela bene, con tutta quella roba lì. Poi però quando meno me l’aspettavo, ‘sta storia del Venerdì è tornata a farsi viva, ché io, seppur a ritmi molto ridotti, in questi giorni a lavoro ci son stata eccome. E quindi Toc toc.
Anzi, toc tooc toooooc…
Allora ho pensato fosse il caso di concedermi un po’ della comprensione che in genere riservo agli altri, dicendomi che in fondo, in una fase di totale incertezza come quella che stiamo vivendo, perdersi un attimo è più che normale, ma non per questo bisogna arrendersi.
Quell’attimo, lo ammetto, va avanti ancora adesso che son finalmente tornata a scrivere. Non so quanto di sensato verrà fuori, ma di sicuro già l’idea di farlo mi fa stare bene.
Tra i miei piani ci sarebbe quello di dar voce a coloro che seppur a distanza mi son stati vicini in questi giorni. Ai pazienti, che in gran parte han capito le limitazioni che ci siamo imposti e sono stati i primi a voler rimandare gli appuntamenti non urgenti. Be’, ad essere sincera c’è stato anche chi ha dimostrato di non aver ancora afferrato la gravità della cosa, gridando per telefono, ad esempio, che se il figlio ha una scheggiaturina nell’apparecchio, oh, bisogna assolutamente che qualcuno lo veda. Ma noi alla fine non l’abbiam visto, ché bella mia, non è che se gridi di più va a finire che ti diamo retta. Qua la situazione è seria. Seria sul serio. E anche le emergenze van valutate con serietà.
Per questo dico grazie anche a quei preziosi colleghi che si son fatti vivi, a coloro che ci sono stati – fisicamente e non -, stringendosi intorno ad una realtà che fino a pochi giorni fa per molti di noi era quasi una seconda casa, piena di gente, di voci, di vita, mentre ora vediamo vuota e silenziosa come non mai.
È un silenzio che se solo ci penso mi si dilania lo stomaco, quasi quanto aver visto la Mau, ieri, con le lacrime agli occhi perché avrebbe tanto voluto abbracciarmi, e invece…
Mi chiedo quando tutto questo finirà, quando la sala d’attesa tornerà a pullulare di gente ed il telefono a snervarmi col suo trillare incessante. Non vedo l’ora di tornare a quella fottuta normalità, che un tempo m’è capitato anche di mal sopportare mentre adesso spero solo che torni al più presto, insieme agli abbracci, ai dolci disseminati in ogni dove, alle risate e perché no, anche alle incazzature. Visto che ci siamo, infatti, mi par giusto non farsi mancare nulla!
Se vogliamo che tutto questo torni presto, però, dobbiamo starcene tutti a casa.
A CASA. Capito?!
Perché se non lo faremo, intendo sul serio, ci ritroveremo tra qualche settimana a chiederci, chissà quanto ancora dovremo restar sospesi in questa assurda situazione?
Ma soprattutto, cari miei, al di là di quello che ci piace ripetere dando sfogo ad un’istintiva quanto insensata fiducia, se non lo facciamo subito, se non iniziamo cioè a prendere sul serio questa situazione, be’, col cazzo che andrà tutto bene.
Quindi facciamoci tutti una grande cortesia, #stiamoacasa.
Punto.