Avrei tante cose da dire sulla settimana che si è appena conclusa, ahhh se ne avrei, ma più penso a quelle cose più mi vien da chiedermi, ma ‘sto lavoro non mi starà portando via già troppo tempo, attenzioni, energie… per star qui a pensarci anche adesso che è venerdì e finalmente sono libera?
La risposta non può che essere una: SI. Un si convinto, eh, che mi porta a pensare che dovrei pormi dei limiti e chissà, forse porne anche agli altri, ché in giro c’è gente che pensa che tu sia lì a disposizione h 24, un po’ come la paziente con cui ho avuto a che fare lunedì.
Ero in studio da si e no cinque minuti, pronta a dare il primo appuntamento di quella lunga giornata.
La vedo, lei mi sorride. Io faccio lo stesso, poi mi tuffo nell’agenda e le chiedo: Martedì 24 dicembre alle ore undici. Può andare?
Lei mi guarda, sembra pensarci un attimo, da sola e in silenzio. Io mi dico, be’, starà valutando, del resto è pur sempre la vigilia di Natale, giorno di ultimi regali, lunghe code in cassa ai supermercati, preparativi last minute… E invece, a un tratto apre bocca e chiede seria: Ma le undici, intendi di mattina o di sera?
…
…
Faccio in modo che niente di ciò che mi frulla in testa mi esca di bocca. Tengo a bada tutti i muscoli che ho in faccia, del resto, son di sicuro i più allenati che ho in corpo. E così, quel Ma che diavolo sta dicendo? me lo tengo per me.
Ché poi, lo sanno tutti, Natale è con i tuoi e mai come quest’anno desidero che sia così. Per darsi respiro, prendere un po’ d’aria, meglio ancora se fredda come quella di questi giorni, che tonifica, purifica e chi più ne ha più ne metta.
Per fortuna, però, per quanto le situazioni ti portino a sentirti sballottata, presa a sberle, data per scontata, se guardi bene la vita trova sempre il modo di tenderti una mano, dantoti così un motivo per non cedere allo sconforto.
Questa settimana la mano è stata quella del signor Giuseppe. Ottant’anni e una voglia di chiacchierare che metà basterebbe. Un uomo così caro, così di cuore, che m’ha preso così in simpatia che ogni volta che viene in studio pretende sia io ad occuparmi dei suoi appuntamenti, del suo pagamento…
Perché sei forte, mi dice, e se la ride. Le mani piene di nodi ed un sorriso di chi ha ancora voglia di vivere, anche quando, come l’altro giorno, s’è messo a parlare della moglie che non c’è più e gli occhi gli si son riempiti di lacrime.
Cazzo, un attimo ed è venuto da piangere anche a me. Ma i muscoli che ho in faccia son forti, ve l’ho detto, allora mi son trattenuta, ma avrei tanto voluto abbracciarlo, ché se solo penso ad una simile perdita, io, mi sento crollare il mondo addosso in un attimo.
Mentre lui si asciuga le lacrime, il massimo che riesco a fare è portare una mano sul suo braccio e dire qualcosa che non ricordo, qualcosa di stupido, di sicuro banale, però funziona, perché alla fine torna a sorridere.
Grazie, mi dice, perché di questo tempi il mondo non mi sembra mica andare tanto bene, sai, e trovare qualcuno che ti parla, ti ascolta… forte tu’sei! E giù di nuovo a ridere.
Si fruga in tasca e tira fuori due euro: Con questi prenditi un caffè.
No via Giuseppe, non importa, dico io.
Oh su, insiste, ci fai colazione.
Ma davvero io…
Non fare la bischera!
Allora li prendo, va, non vorrei s’alterasse e poi lo saluto, ché intanto squillano tre telefoni, un campanello, i pazienti si mettono in coda… Ma non lo perdo d’occhio e mentre le vedo andar via, un passo alla volta, un po’ ripiegato su se stesso dagli anni, penso, ma che roba bella è aver gente così in questo mondo, che in un attimo riesce inaspettatamente a chiudere in bellezza una settimana d’interrogativi, dubbi… Facendoti intendere che forse, qualcosa di buono, in questo casino che è la vita, be’, lo stai facendo eccome.