Sebbene a tratti queste quattro mura mi stiano un po’ strette, ci sono momenti in cui mi regalano risate a perdifiato, di quelle che di solito si fanno tra amiche in una serata in cui tutto il resto del mondo è lasciato fuori; risate così belle e piene, da arrivare a domandarmi se sia davvero a lavoro o da un’altra parte.
E’ il caso dell’altro giorno, quando mi son ritrovata a condividere la pausa pranzo con Ilaria, Silvia e Roberta, e tra un boccone e l’altro son venuti fuori discorsi piuttosto interessanti, soprattutto per noi donne, che anche se non lo diamo a vedere, oh, chissà come, riusciamo sempre a infilare gli uomini in mezzo ai nostri discorsi. Be’, a meno che tu non sia Silvia, la quale, si sa, a tratti preferisce i Pokemon… ma questa è un’altra storia. L’altro giorno, infatti, a vincere è stato il genere maschile e mentre ce ne stavamo lì, tra un boccone e l’altro, ognuna a dire la sua, ho pensato, ma che bella cosa è questo scambio d’opinioni tra donne così diverse: per idee, età, esperienze. Una cosa semplice ma così bella che mi son detta, però, non è mica da tutti aver delle pause pranzo così!
Ma del resto dovrei esserci abituata. Da queste parti, infatti, le pause pranzo han sempre regalato grandi gioie, sin dai tempi in cui veniva a trovarci l’Antonietta. Settant’anni e non sentirli, la bocca piena di parole affettuose per noi giovani dello studio e due occhi luccicanti di vita. Ancora oggi, quando abbiamo occasione d’incontrarla, a noi ragazze ci chiama tutte chicca e ci tiene che ogni cosa nelle nostre esistenze sia a posto: lavoro, amore, salute… manco fosse Paolo Fox.
Ripenso a quella volta in cui, anni fa, dopo aver ascoltato le pene d’amore di una di noi, se ne venne fuori con questa frase: La vita è come una scaletta d’un pollaio: corta e piena di merda. L’ultima parola le rimase un po’ in gola, ché sebbene sappia il fatto suo, l’Anto è pur sempre una donna a modo. Ma noi, oh, tutti giù a ridere e a pensare che, si, aveva proprio ragione.
Queste son cose che più ci ripenso più mi fan sentire a casa. E a quanto pare, in questo posto, io mi ci sento così tanto “a casa” che a volte mi lascio andare fin troppo. Proprio come l’altro giorno, quando il lasciarsi andare l’ho preso in parola a tal punto da svenire. Con un certo stile, però, eh, ché ormai in questo campo mi son fatta un’esperienza e così, a terra ci son arrivata per gradi. Prima mi son lasciata cadere sulla sedia della Tere, poi gambe sul termosifone e solo qualche minuto dopo mi son seduta in terra. Ma dato che continuavo ad aver la vista offuscata, ho preso il telefono e ho chiamato la sterilizzazione: E’ urgente, mi mandate qua la Clau?
A quanto pare, oh, lei non se l’è fatto ripetere due volte dato che un attimo dopo era da me.
Mentre mi riprendevo, masticando un cremino al cioccolato distesa sul pavimento, lei era lì a tenermi i piedi in alto. Solo chi c’è passato qualche volta, conosce la sensazione di totale inutilità che si prova a perdere i sensi perché ci s’impressiona di qualcosa, eppure, per quanto inutile mi sentissi in quel momento, non riuscivo a smettere di ridere.
Ho riso anche quando Mario m’ha salutato oltre la porta a vetri.
Toc toc. Tutto bene? – ha fatto cenno con la mano.
Io ho scosso la testa e gli ho sorriso.
Si, si… tutto bene – ha detto la Clau.
Allora anche lui ha sorriso ed è andato: Ciao!
Io ho ricambiato il Ciao, per poi dire tra me e me: Che disagio, salutar la gente mentre son distesa a ter…
Ma la Clau, oh, non m’ha neanche fatto finire la frase. Venvia! – ha detto – che sarà mai… di tanto in tanto fa bene cambiare prospettiva nella vita, no?
E allora si che siamo scoppiate a ridere!
Così, dal nulla, mi son tornate in mente le parole dell’Antonietta. Sarà che la vita a volte è esattamente come la scaletta di cui parlava lei, corta e piena di merda. Allora, cari miei, non resta che circondarsi di persone positive, di amici veri, che san farti bene al cuore… e se sei fortunato, be’, son capaci anche di salvarti da uno svenimento.