Ci son settimane in cui, più che d’essere a lavoro, ho come l’impressione d’esser finita in uno scherzo. Ché te ne capita una dietro l’altra, senza alcun modo di riprender fiato, e tra le decine di voci che ti frullano in testa ce n’è una, lontana ma insistente, che fa da sottofondo alle altre. Tutto questo non può essere vero, ripete, dev’essere di sicuro uno scherzo.
Ecco, la settimana appena conclusa è stata esattamente questo: uno scherzo. Uno di quegli scherzi che però a me non piaccion mica poi tanto, ché mentre tutto va in scena, tu sei lì a domandarti se chi l’ha organizzato, quello scherzo lì, avesse davvero intenzione di farti ridere o cosa.
A tratti, infatti, in questi giorni più che le risa ho dovuto trattenere il pianto. Ché tra lunedì e martedì mi son beccata di quelle risposte, che se solo ci ripenso, son convinta che sarei uscita più intera da un giro di schiaffi.
Be’, che negli ultimi tempi a farla da padrona fossero le voci grosse, quelle che si apron la via a forza di polemiche e prepotenze, l’avevo capito. Speravo soltanto che se ne stessero fuori, a distanza di sicurezza. Invece son giunte fin qua; e vuoi per evitare discussioni, vuoi per quell’assurda storia che il paziente ha sempre ragione e che lo devi coccolare anche se ha la pelle dura e graffiante d’un coccodrillo, capita a volte che simili voci riescano ad avere la meglio anche da noi.
Per fortuna però c’è chi non si arrende ed ostacola il dilagare di questo imbrutimento collettivo con un’arma ai più sconosciuta, ma senza dubbio infallibile: la gentilezza.
È il caso della signora Maria Luisa, che l’altro giorno, al telefono, dopo essere state un po’ di tempo a prender degli appuntamenti, m’ha detto: Grazie di tutto, le do un bacio in fronte.
Ed io, davanti a quelle sue parole, ho pensato, ma quanto sarà strana la vita, che un attimo di trattano a pesci in faccia e quello dopo, oh, c’è chi ti manda baci via telefono?
Forse, dopo tutto, il bello della vita è anche questo, che non smette mai di sorprenderti e anche se a volte ti sottrae ossigeno tenendoti la testa sott’acqua, un attimo dopo è lì che ti tende la mano per poter tornare in superficie.
Di modi, per risalire, per fortuna ce ne se sono molti. E anche se a tratti è un’impresa ardua, io ne cerco di nuovi ogni giorno, ché se c’è una cosa che lo stare a contatto con gli altri mi ha insegnato, è non perdere me stessa. Certe cose, quindi, non posso far altro che farmele scivolare addosso. Le vedo e le sento, certo, ma un attimo dopo non ci son più. Puff. Svanite.
Del resto l’estate è alle porte e se voglio iniziare a mantenermi leggera per la prova costume, da qualche parte dovrò pur iniziare. No?
E se poi capita che mi distraggo e qualcosa mi rimane impigliato addosso, per fortuna ci sono la Ele e la Elsa, che per quanto sian giovani, ieri m’han dato prova d’aver occhi ben vispi, che guardano attenti a ciò che accade intorno ma al contempo han voglia di ridere e di farlo di gusto, proprio come si fa a vent’anni.
Tanto, l’ennesima delusione o arrabbiatura arriverà comunque, assieme all’immancabile voce grossa; facciamo almeno in modo che al loro arrivo trovino animi leggeri e spalle forti su cui scivolare.
Per quel che mi riguarda dovremmo tutti imparare ad esser più simili a loro, qua dentro. Conservando a mani strette l’entusiasmo dei loro anni, ad esempio, o la fiducia in un futuro che se solo ci impegnamo non potrà che essere migliore.