Se c’è una cosa che adoro è quando due persone si capiscono con uno sguardo. Se poi tra quelle persone ci sono anch’io, be’, allora è fatta.
Un po’ come ieri, con la Clau, quando al termine del suo appuntamento, la signora Paola è filata via sotto i nostri occhi. Nessun cenno di saluto, nessun pagherò. Una corsetta e via, fuori. E noi lì, indaffarate come al solito, una al telefono e l’altra pure, senza parole, ma comunque capaci di voltarsi d’istinto l’una verso l’altra e scambiarci un’occhiata in cui ci stava dentro un po’ di tutto.
In quel tutto, a prevalere, è stato senz’altro lo stupore.
Già. Perché sebbene in questi anni se ne sian viste di ogni, qua dentro c’è chi riesce ancora a stupirsi. Il che, dico io, non è mica cosa da poco.
Lo stupore, infatti, porta con se un sacco di belle cose: espressioni indefinite, sobbalzi, sonore risate, e poco importa se son di quelle incredule, a tratti isteriche. L’importante è ridere, ché ridere, si sa, allunga la vita.
Ah, no, quello era il telefono. Be’, allora noi della segreteria siamo apposto. Avremo una vita lunga, ma così luuuunga.
Un po’ come quella del signor Giuseppe, che ha quasi novant’anni e un questi giorni è venuto in studio per sistemarsi i denti.
Ma alla bona, eh, ha detto, ché tanto tra un pochino…
Tra un pochino, che?
Eh, tra un pochino…
Insomma, lui i denti non se li vuol levare, ché finché stan su, si tien quelli che ha. E chissene se il sorriso è un po’ storto, tanto lui mica si vede. E ride.
Mentre dice questo lui non fila via come la Paola. Si sofferma al bancone, fa due chiacchiere, sorride. Quando lo fa solleva le guance e gli occhi prendono a brillare. Pare un ragazzino.
Pare, certo, perché poi fa due passi e torna ad essere l’uomo che è, in là con l’età e un po’ acciaccato. Due passi ancora e si volta. La giannetta, oh, ancora un po’ e me la dimentico, dice.
E lì, quando lo sento dir giannetta mi riporta indietro nel tempo, a quando ero solo una bambina e giravo per le strade di questo paese convinta che il mondo fosse tutto qui. A Incisa. Massimo Figline. Forse.
Altri tempi, caro Giuseppe, lontani e ormai belli che andati, ma grazie per avermici riportato, ché tornar bambini, ogni tanto, non fa altro che bene.