Ci son giorni in cui son ripetitiva e non faccio altro che chiedermi: ma chi me lo fa fare di star qui, a perder la testa in questa gabbia di matti?
Quei giorni ormai li riconosco al volo, ché chissà come, oh, nonostante gli sforzi, non ne va una dritta e l’aria dentro si fa pesante, ma così pesante che l’unico modo per risollevarsi un po’ è aprir le finestre e farne circolare di nuova. Che entri negli studi, attraversi i corridoi e s’infili fin negli spogliatoi, purché sia fresca e capace di riportare un po’ di buonsenso, assieme al buonumore.
Quella che ha soffiato in questi giorni è stata esattamente così, fresca e convinta, tanto che oltre ad aprir le finestre, le ho proprio spalancato le porte.
Se ‘un si sta attenti e’ ci porta via tutti, m’ha detto un paziente. Già, ho risposto, ma la porta mica l’ho chiusa, ché di questi tempi val la pena correre il rischio ed esporsi al vento. Chissà, magari, a forza di soffiare, ti sorprende, portando con sé sorrisi, pensieri felici e qualche nuova idea.
È proprio così che è andata ‘sta settimana. E mentre il vento soffiava, ostinato, per spazzar via fino all’ultima nuvola, è stato capace di portar con sé un sacco di bella roba.
Tra le tante, son certa, ricorderò le pagine di carta che racchiudono gli “Aforismi sulla saggezza del vivere” di Schopenhauer.
Il signor Jurgen è venuto fino allo studio per regalarmi quel libro, e l’ha fatto in una mattina qualunque, rapido e gioioso, esattamente come una folata di vento. E poco importa se non ho idea di quando riuscirò a leggerlo, ché il tempo, oh, per leggere sembra non esserci mai. Ciò che conta è che quei pensieri adesso siano qui, di fianco a me, ché quelli, si sa, sono un po’ come il buon vento che soffia alle spalle, mai abbastanza.