Stamani ci siam svegliati col cielo tinto di un grigio che non prometteva niente di buono, così ci siam messi la felpa e via, verso ovest, fino a Cidade Velha.
Ad accoglierci, troviamo sguardi che lasciano trapelare curiosità, ma in modo discreto, senza dar troppo nell’occhio, mica come i due cani che ci son venuti incontro all’inizio e che un passo dopo l’altro ci han seguiti finché non ce ne siamo andati. Attraverso la piazza principale, tra le case, fin sul mare, se ne sono stati sempre con noi. E così, è andata a finire che il nostro bel giro, stamani, l’abbiamo fatto in quattro.
Di quella che è stata la prima capitale di questo Paese, oggi non resta che un pugno di case arroccate, stretto tra mare e montagna, dove sin dalle prime ore del mattino si vedono in giro donne, bambini. Poco più in là dei pescatori, intenti a tirar su le loro reti.
Bere un caffè? Non se ne parla nemmeno. E non soltanto per dire, eh, ché da queste parti, oh, non se ne parla sul serio. Non facciamo in tempo ad arrivare, infatti, che una ragazzina ci mette subito. a tacere con un secco No. E per esser certa di farsi intendere ce ne dice altri due: No, no. E allora via, fin sulla piazza, dove per fortuna c’è un ragazzo che vende banane. Così ne prendiamo qualcuna, ché se siamo finiti su Rua Banana, dico io, non sarà mica un caso.
Ovunque si vada, nell’aria risuonano parole a noi incomprensibili, che però son così belle da sentire, ché ti ci metteresti a ballare da come son simili a musica. Intendersi, invece, è ben altra cosa, ché se già è difficile capire il portoghese, figuriamoci il creolo. Per fortuna, però, c’è chi tenta di aiutarci, come la cameriera che incontriamo ad Achada Santo Antonio, che con un battito di braccia, ci spiega che frango vuol dire pollo e così siam pronti per ordinare il pranzo.
Un tentativo lo fa anche il signore portoghese in là con l’età che incontriamo quando inizia a farsi sera e le onde s’infrangono sulla spiaggia di Prainha. È venuto fin qui da Lisbona per star con suo figlio. Questa è l’unica cosa che capiamo di ciò che dice. Ma l’entusiasmo con cui ci parla è tale che anche se non capiamo una mazza, restiamo comunque lì ad ascoltarlo. A far si con la testa come due cretini e a ridere con lui di chissà cosa, ché in fondo, davanti a un sorriso così, che senso ha farsi troppe domande?