16 gennaio 2018
Prendere la vita un po’ a caso è un concetto che mi piace. Così due mesi fa ho comprato un biglietto aereo. A caso, appunto, dicendomi che al viaggio avrei pensato poi. Poi, quel poi è arrivato, più veloce di quanto immaginassi, e guarda un po’, è esattamente oggi. Allora metto lo zaino in spalla e via, verso l’infinito e oltre.
Non so esattamente dove si trovi questo infinito, ma di sicuro per raggiungerlo si passa da Bologna. Così arrivo all’aeroporto e appena entro mi coglie un senso di smarrimento tale, che trovo conforto solo nello zaino che mi pesa sulle spalle. Del resto ne abbiamo viste più io e lui, che tante coppie d’innamorati. Il cammino portoghese verso Santiago, la Liguria a piedi, per non parlare di quando insieme ci siamo spinti fino in Islanda. È stato un bel girare, il nostro, anche se dall’ultima volta che ho preso un aereo sono passati quasi due anni. Così oggi mi sento arrugginita e un tantino vecchia, ma forse questo non dovrei dirlo, in fondo è solo da un anno che sono entrata nei trenta. Allora chissà, sarà che per la prima volta ho l’imbarco prioritario?
Prima d’imbarcarmi, però, passo dal gate, che va bene l’esser ‘vecchi’ e arrugginiti, ma i passi da compiere per salire sull’aereo sono rimasti gli stessi di qualche anno fa. L’aria è quella tesa di sempre, ma è una tensione composta, che non vuol dare troppo nell’occhio, ad eccezione di chi, prima di dire addio alla sua bottiglietta, tracanna acqua manco fosse il giorno del castigo.
Finito il serpentone, arrivo davanti a una macchinetta automatica che mi chiede di mostrarle la carta d’imbarco. Mi sembra di ricordare che ci fossero uomini e donne l’ultima volta, mani e sguardi veri, ma a quanto pare agli umani non fanno fare più neppure questo. Ho un moto di sdegno, ché per carità, ben venga la tecnologia, ma mi chiedo dove siano andate a finire tutte quelle persone. Avranno ancora un lavoro? Uno stipendio? Al primo contatto con gli umani che popolano questo luogo, però, mi dico che forse si, a volte è davvero meglio affidarsi alla tecnologia. Sono infatti davanti a questa macchina parlante, non so cosa diavolo fare, quando un’addetta ai lavori grida qualcosa da lontano. Parla con tre o quattro persone insieme e io non capisco che tra le parole che sta pronunciando ce ne sono alcune anche per me. Allora si avvicina e stizzita mi chiede: “Ma lei parla italiano?!”.
Dev’essere uscita dal liceo si e no tre giorni fa. Lunga coda di cavallo sopra la testa e un’altezza tale da arrivarmi all’ascella. “Si”, rispondo. Te? Ma questo non glielo dico. Non le dico neppure che anche se mi guarda in quel modo, forse tra le due la cretina non sono io. Lo penso, certo, ma non glielo dico, ché se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è esattamente farmi gli affari miei e poi, be’, mi appresto a vivere giorni di sano egoismo, tanto vale che le cose inizi a tenerle tutte per me sin da adesso.
Superato l’impasse, salgo a bordo e tempo zero mi si siede accanto un indiano, che per carità, mica per niente, ma ti pare il caso di mangiare la zuppa di cipolle prima di un volo? Chissà, magari ha pensato di godersi l’ultimo pasto, metti che qualcosa va storto… Mica come me, che ho soltanto un misero pacchetto di crackers. Li butto giù uno ad uno quasi di nascosto, non s’abbia a vedere che ho lo stomaco debole di una vecchia. Ma il mio sforzo è vano perché un attimo dopo, sarà l’entusiasmo del viaggio, sarà l’alta quota che da alla testa, le due signore in là con l’età alle mie spalle decidono che è proprio giunto il momento di una bella botta di vita e si lanciano nell’acquisto di un nuovo profumo. Pensa te che fortuna, eh!
Così, tra una fragranza e l’altra, nell’entusiasmo generale che si scatena alle mie spalle, mi sale una nausea che metà sarebbe bastata. Trattengo il fiato, leggo, cerco di dormire. Le provo davvero tutte, ma è un’agonia. Be’, per fortuna il volo è breve e ben presto tocchiamo terra.
Un sobbalzo e ci siamo.
E adesso?
Adesso siamo soli, io e il mio zaino. Che poi soli è una parola grossa, manco fossimo nel niente dall’altra parte del mondo. Non sono mica il Cero, che l’estate scorsa se n’è andato da solo in Sud Africa o l’Eli, che ha mollato tutto ed è andata a vivere a New York. Io in confronto sono una dilettante e pure a tempo determinato, perché amo partire, certo, perdermi in luoghi mai visti e confondermi tra gente sconosciuta, da scoprire o semplicemente sfiorare per qualche istante, ma col mio lavoro di segretaria, i giorni liberi a disposizione son quelli che sono, così tocca sempre tornare, e anche alla svelta.
C’è chi mi dice che non sono abbastanza ambiziosa, che potrei fare anch’io come i miei amici, un biglietto di sola andata per una nuova vita. Be’, forse chi lo dice ha ragione, ma intanto domani mi sveglio a Lisbona.
Mica poco.