Non so voi, ma dove lavoro io il trend del momento è che ognuno ha la tendenza a voler fare il lavoro degli altri.
Quello della segreteria, poi, pare sia tra i più ambiti. Un lavoro che vogliono fare tutti: pazienti, genitori dei pazienti, nonni dei pazienti… e come se loro non bastassero ci si mettono anche i dentisti, alcuni dei quali si divertono a farci perdere la testa con mille spostamenti e incastri nell’agenda quasi come fossimo in un bar negli anni ’80 a giocare a tetris invece che in uno studio medico.
Negli ultimi tempi si è impennato il numero di coloro che si sentono in grado di fare questo lavoro meglio di noi che lo facciamo tutti i santi giorni da un bel po’ di anni. Anni che possono sembrare niente ma che invece, credetemi, voglion dire aver maturato una bella esperienza per quanto riguarda la conoscenza delle esigenze delle singole persone e la gestione dell’agenda.
In ogni modo, se c’è chi digerirebbe poco bene queste ingerenze nel proprio agire quotidiano, io e le mie colleghe abbiamo optato per una soluzione più saggia del bruciore di stomaco che consta più o meno nel non ostacolare questa tendenza ma nel seguire con serenità il flusso e lasciar fare agli altri ciò che desiderano, ché in fondo nella vita c’è di peggio di qualcuno che vuol lavorare al posto tuo. Non credete?
Ammetto che non mi dispiacerebbe poter fare come ho fatto fino ad ora contribuendo col mio bagaglio d’esperienze e di competenze a far scorrere meglio il lavoro, ma evidentemente questo è un momento in cui si deve assecondare il bisogno di qualcun altro, lasciandogli l’illusione di avere il controllo su tutto, perfino sul tuo lavoro. Ché quando ci metton mano loro pare venga meglio… pare.
Certo dispiace un po’ che al giorno d’oggi siano sempre più le persone che si sentono in diritto di mettere bocca nelle vite altrui e sempre meno quelle che invece son capaci di fare spazio all’altro e fidarsi, o di slanciarsi con audacia in qualche buona parola. In effetti si fa decisamente molto prima a criticare.
Ma fortunatamente non per tutti è così. L’altro giorno, ad esempio, mi trovavo in studio e avevo appena concluso un pagamento con un signore. Un tipo preciso e metodico, che prima di andarsene ci ha tenuto a prendere un nuovo appuntamento e poi è uscito, salutando cortese.
Pochi istanti più tardi, però, eccolo di nuovo sulla porta. Il volto serio. Ma che dico serio, serissimo.
Una cosa che peggio, credetemi, non può capitare. Perché mentre stai già seguendo il paziente successivo, la tua mente inizia a chiedersi: perché mai sarà rientrato? Qualcosa è andato storto? Di sicuro. Ma cosa?
Arrivato nuovamente il suo turno, l’uomo si avvicina e dice: “Le devo dire una cosa”.
“Prego”.
“Lei è l’unica… – riprende serio, e lì già ti aspetti l’ennesima bega – l’unica che spilla lo scontrino sulla fattura nel posto giusto”. Si lascia andare a un sorriso.
“Ah!”, tiro un sospiro di sollievo.
“Dico sul serio, eh, negli altri uffici lo spillano sempre nel punto meno opportuno: sull’intestazione della fattura, sul codice fiscale… così tocca ogni volta toglierlo e riattaccarlo” .
“Be’, grazie per avermelo detto. Chissà cosa temevo… “.
“No guardi, davvero – apre le braccia, per poi scandire gioioso – Fan-tas-ti-co!”, lasciando me e le mie colleghe stupite e sorridenti.
Ora, sia chiaro, non è che si pretenda ogni giorno un’ovazione di questo tipo, a braccia aperte e gioia a profusione, ma se c’è da dirsi una cosa bella impariamo a dirla senza riserve. Anche se si tratta di un semplicissimo scontrino. Ché male di sicuro non fa. Né a voi né a chi se la sente dire.